vitamina d mutuabile

vitamina d mutuabile Le prescrizioni per gli integratori di vitamina D hanno visto risultati positivi. I medicinali per la “prevenzione e cura della carenza di vitamina D” (colecalciferolo, colecalciferolo/sali di calcio, calcifediolo) sono regolamentati per prescrizione dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN) nella popolazione adulta (età > 18 anni) di cui alla delibera n. 1533/2019 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana Serie Generale n. 252 del 26 ottobre 2019.
La Commissione Tecnico-Scientifica dell’AIFA ha esaminato le evidenze scientifiche disponibili e ha stabilito che dovrebbero essere introdotti nuovi criteri regolatori per la prescrivibilità della vitamina D da parte del SSN, nella popolazione adulta, che include l’istituzione della Nota 96.



Il termine “vitamina D” è usato per descrivere un gruppo di sostanze (secosteroidi) che possono controllare il metabolismo dei minerali ossei e del calcio (Ca). Sebbene differiscano leggermente nella struttura chimica, le due forme di vitamina D hanno un profilo metabolico estremamente simile:
La vitamina D2, nota anche come ergocalciferolo, viene prodotta solo nelle piante tramite irradiazione UVB a partire dall’ergosterolo e, quindi, può essere ingerita dall’uomo solo attraverso la dieta. La vitamina D3, nota anche come colecalciferolo, si trova in tracce nei prodotti di origine animale, ma è prodotta nella pelle umana tramite irradiazione ultravioletta (UVB con una lunghezza d’onda di 290-315 nm).
La vitamina D è tipicamente prodotta in quantità adeguate dal corpo da solo. La vitamina D viene sintetizzata nella pelle (80-90%) quando le persone sono esposte a abbastanza luce solare, mentre la quantità di vitamina D (sia colecalciferolo che ergocalciferolo) presente negli alimenti (pesce, uova, burro, verdure, funghi) è pari al 10-20% ed è del tutto insufficiente, da sola, a coprire il fabbisogno.
Nell’uomo, la vitamina D non ha alcun effetto fisiologico visibile. Per diventare attiva, la vitamina D subisce due processi di idrossilazione chimica separati; il primo, incontrollato nel fegato (producendo 25-OH-vitamina D o calcifediolo), e il secondo, strettamente controllato nel rene (generando la forma attiva di vitamina D chiamata 1,25-OH-vitamina D o calcitriolo ).
L’enzima 1-alfa-idrossilasi nel rene è responsabile della produzione di 1,25-idrossivitamina D, con la sua attività enzimatica aumentata dall’ormone paratiroideo (PTH) e diminuita da bassi livelli ematici di fosforo (ipofosforemia), e viceversa diminuita da alti livelli ematici di calcio (ipercalcemia), fosforo (iperfosfatemia) e calcitriolo (calcitriolo).
Il calcitriolo, noto anche come vitamina D attiva, ha quattro principali meccanismi d’azione.
1) Promuove l’assorbimento di calcio, fosforo e magnesio nell’intestino, tutti substrati essenziali per la mineralizzazione ossea.
2) Regola il metabolismo del PTH nelle ossa, 3) Controlla l’attività della 1-alfa-idrossilasi nei reni e 4) Controlla la produzione e la secrezione di PTH nelle paratiroidi.
In conclusione, la vitamina D attiva (calcitriolo) aiuta la digestione e l’assorbimento di calcio e fosforo, due minerali essenziali per uno sviluppo osseo sano.
La vitamina D, in combinazione con il calcio, ha dimostrato di proteggere dalla demineralizzazione ossea in ambito clinico (in particolare negli anziani).
Attualmente c’è accordo solo sul fatto che la determinazione del livello di vitamina D 25OH debba essere eseguita solo quando assolutamente necessario per la gestione clinica del paziente e non come procedura di screening di routine. D’altra parte, ci sono ancora opinioni contrastanti. Alcuni centri medici raccomandano anche di limitare il dosaggio al minimo assoluto per il piccolo numero di pazienti che presentano sintomi di lunga durata di astenia profonda, mialgie, dolore osseo generalizzato o localizzato coerente con osteomalacia, ormone paratiroideo elevato (PTH), una propensione a cadute ingiustificate o altri fattori di rischio speciali. Alcuni gruppi accademici, tuttavia, sostengono che la popolazione campionata per il dosaggio di vitamina D dovrebbe includere anche persone a rischio di ipovitaminosi D (come i soggetti obesi).
Per tutti gli altri, le seguenti domande dovrebbero essere utilizzate per determinare se il dosaggio della vitamina D è necessario o meno: