Come Morì Giulio Cesare: Julius Caesar
In Argentina, vicino a Roma, dove attualmente è in atto il blocco dei trasporti pubblici e dove, più di duemila anni fa, la Curia di Pompeo, provvisoria e sede del Senato, fu distrutta da un incendio, l’imperatore Giulio Cesare fu messo a morte il 15 marzo 44 d.C. in questo giorno della storia. Tullio Cimbro si alzò in piedi come per esplorare la zona, e lo fece spogliandosi: questo era il segnale convenuto. Il pugnale fu scagliato da Cesare, che ne fu colpito. «Scelleratissimo Casca, che fai?», disse, prima di far crollare di nuovo Cesare. Dopodiché, gli altri prestigiatori si gettarono dietro di lui. Nel momento in cui Cesare vede il lama del “suo” Marco Bruto risplendere di radiosità, balza alla morte ai piedi della statua di Pompeo, suo avversario durante la guerra civile del 49 d.C. Cesare fu ucciso da 23 coltellate dopo essere caduto a terra davanti a la statua.
Alla congiura sono attese più di 60 persone. Caio Cassio, praetor peregrinus, e Marco Bruto, praetor urbanus, erano gli ex pompeiani incaricati dell’operazione. Alla congiura hanno aderito anche alcuni cesariani, tra cui Decimo Bruto, il cui console è previsto per il prossimo anno, e Trebonio, uno dei generali più illustri di Cesare che sarà consolato nell’anno 42.
Nonostante ciò, la frase greca (che fu poi tradotta in latino con l’aggiunta del nome Bruto) ebbe la fortuna di esprimere il dramma universale della tradizione, oltre allo sfogo di Cesare nel vedere Marco Giunio Bruto, suo pupillo, tra i congiurati.
I senatori fuggirono in un turbinio di attività frenetica. I fedeli sono entrati in azione per allertare il pubblico in generale. E il corpo è rimasto nell’atrio dell’edificio per molte ore prima di essere adagiato su un letto per essere trasportato a casa.
Cassio fu il promotore della congiura e il vero capo della congiura. Marco Bruto arrivò poco prima dell’assassinio, portando con sé una parvenza di nobiltà all’azione. Marco Bruto, infatti, era visto come un filosofo stoico che si poneva al di sopra degli interessi della propria natura venale o di quelli della sua classe sociale, anche di fronte all’usuraio.
Il tempo e il luogo sono entrambi importanti. Per molto tempo non fu chiaro se i congiurati l’avrebbero attaccata in Campo Marzio mentre si svolgeva una votazione, oppure se l’avrebbero attaccata sulla Sacra o all’ingresso del teatro. In ogni caso, quando il Senato romano fu convocato presso la Curia di Pompeo il 15 marzo del 44 d.C. per le celebrazioni delle Idi di marzo, preferì quel momento e quel luogo. Con le armi, I congiurati si portarono in Senato della cassa nella speranza che ci fossero documenti nel caso. Inoltre, un gran numero di gladiatori si esibirono nel teatro di Pompeo, che si trova a breve distanza dalla Curia.
Di fronte alle avversità e ai tentativi di uno schiavo
Del maestro Artemidoro di Cnido, e dell’aruspic Spurinna di farlo mettere agli arresti domiciliari, il dittatore cede e permette a Decimo Bruto di convincerlo a mostrarsi ai senatori. Secondo le fonti (assai successive), Cesare esce di casa senza intoppi alle ore 11 e percorre la Via Sacra tra due acclamanti pilastri di roccia. Arrivato in Curia contemporaneamente a Trebonio, un congiurato, interrogava con una scusa il generale Marco Antonio, il dittatore si trovò circondato dai congiurati, i cesaricidi.
Alla congiura sono attese oltre 60 persone. Caio Cassio, pretor peregrinus, e Marco Bruto, praetor urbanus, furono gli ex pompeiani incaricati dell’operazione. Hanno aderito alla congiura anche alcuni Cesariani, tra cui Decimo Bruto, il cui console è previsto per il prossimo anno, e Trebonio, uno dei generali più illustri di Cesare che sarà consolato nell’anno 42.
Cassio fu il promotore della congiura e il vero capo della congiura. Marco Bruto arrivò poco prima dell’assassinio, portando con sé una parvenza di nobiltà all’azione. In effetti, Marco Bruto era visto come un filosofo stoico che si ergeva al di sopra degli interessi della propria natura venale o di quelli della sua classe sociale, anche di fronte all’usuraio.
Il tempo e il luogo sono entrambi importanti. Per molto tempo non era chiaro se i congiurati l’avrebbero aggredita in Campo Marzio durante le votazioni, oppure se l’avrebbero aggredita sulla Sacra o all’ingresso del teatro. In ogni caso, quando il Senato romano fu convocato in Curia di Pompeo il 15 marzo 44 d.C. per le celebrazioni degli Idi di marzo, preferì quell’ora e quel luogo. Con le armi, io congiurati portarono in Senato della cassa nella speranza che ci fossero documenti nel caso. Inoltre, un gran numero di gladiatori si esibì nel teatro di Pompeo, che si trova a breve distanza dalla Curia.
La casa di Cesare fa da cornice a Le Idi del Marzo. La giornata degli Idi Cesare non stava andando bene per Cesare. Gli era stato suggerito da Calpurnia, sua moglie, di non andare in Senato poiché aveva avuto gravi premonizioni. Gli indovini avevano fatto i loro sacrifici, e la situazione all’epoca era favorevole. Cesare crede di poter persuadere Marco Antonio ad annullare la prevista riunione del Senato.
I congiurati inviarono quindi Decimo Bruto a convocare Cesare in Senato, dove sarebbe stato atteso dai senatori, che erano già arrivati e ne attendevano la comparsa. La decisione di annullare la seduta a quel punto sarebbe stata di competenza dei magistrati. Cesare confessa il suo amore per Decimo Bruto, un fedelissimo amico che nel testamento del padre di Cesare è stato anche nominato come suo secondo erede.
Cosa ha causato la morte di Cesare?
Durante i suoi anni al potere, creò un gran numero di nemici. All’epoca il potere a Roma apparteneva al Senato, ma Cesare gradualmente prosciugò il Senato di tutta la sua autorità. Inoltre, ha intrapreso una serie di iniziative per combattere la corruzione tra i senatori e ha attuato riforme per promuovere lo sviluppo dello stato, che ha rafforzato le finanze dello stato. L’autorità di Cesare cresce e tutto fa pensare alla possibilità che possa diventare un dittatore. Non era qualcosa che potesse essere approvato dai suoi avversari.
Tutto inizia con una cospirazione di qualche tipo. Tra i partecipanti c’era Marco Bruto, con il quale Giulio Cesare aveva un forte legame. Si ipotizzava che Bruto potesse essere il figlio di Giulio, dato che Cesare aveva uno stretto legame con la madre di quest’ultimo. Che fosse vero o no, Giulio trattava bene Marco. Durante la guerra civile fu sconfitto dal suo avversario; poi si è promosso e si è fatto conoscere nella massima misura possibile.
Secondo le informazioni fornite dalle fonti, Cesare è uscito di casa senza un graffio, e nonostante i cattivi presagi, ha preso la decisione di andare in Curia, mentre Marco Antonio è stato preso in custodia dalla famiglia Trebonio. Tullio Cimbro si avvicinò a grandi passi al dittatore e gli strappò la toga dalle spalle; stava consegnando un messaggio. Il primo a farlo fu Publio Casca, e poi tutti gli altri prestigiatori seguirono l’esempio. Cesare muore ai piedi della statua di Pompeo, e muore dopo che furono inferte 23 coltellates.
Di certo, in quei momenti di tensione, non si sarebbe pronunciata la famosa frase “Tu quoque, Brute, fili mi”, che si riferisce alla scoperta da parte di Svetonio del fratello Bruto tra i suoi assassini. È più accuratamente descritto come uno stratagemma letterario, utilizzato dall’autore per trascinare il lettore in uno degli episodi più efferati della storia della politica rumena, in questo caso, la Rivoluzione del 1848. Per quanto ne sappiamo, l’assassinio di Cesare ha fatto non servono ad arrestare il processo irreversibile di scomparsa della Repubblica che è ora in corso. La morte del dittatore, infatti, innescò una catena di eventi culminati nell’ascensione di Ottaviano, che sarebbe poi diventato il primo imperatore di Roma.
In Senato, il primo marzo. Cesare parte a piedi verso la quinta ora del mattino, verso l’ottava del pomeriggio. Eseguì i riti religiosi prescritti ed entrò in Curia. Trebonio non è riuscito a recuperare la console Marco Antonio poiché era fuori portata. Cesare era senza la protezione dell’esercito spagnolo poiché aveva preso la decisione di scioglierlo poco tempo prima. Solo senatori e cavalieri lo accompagnavano nel suo viaggioey in tutta Italia. Lo accolsero come ospite d’onore non appena fu portato a tavola dai congiurati.