Arresto clan de micco; Ponticelli è stato oggetto di un blitz dell’esercito, con sei persone arrestate nel clan. Marco de Micco, capo dell’omonimo clan, è stato condannato al carcere dopo essere stato accusato di omicidio premeditato per la morte di Carmine D’Onofrio, l’attore 23enne ucciso lo scorso ottobre davanti agli occhi della fidanzata. Durante un blitz Ponticelli questa sera sono state arrestate in totale due persone. Tra questi c’è il boss Marco De Micco, accusato di essere la mente dietro l’omicidio di Carmine D’Onofrio, il 23enne nipote del boss Antonio De Luca Bossa, detto anche Tonino (leggi l’articolo per maggiori informazioni). Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la morte di D’Onofrio avrebbe dovuto essere dichiarata omicidio poiché l’adolescente era stato identificato come uno degli autori dell’efferato delitto, avvenuto sotto l’abitazione del boss in via Piscettaro.
Era una notizia che De Micco e compagni avrebbero ricevuto da Giovanni Mignano, figlio degli De Luca Bosse, che era stato rapito, minacciato, picchiato e per questo chiamato Carmine. Tutto ciò che è contenuto nel decreto de fermo, firmato dal procuratore ad interim Antonella Fratello e compiuto questa sera sotto coercizione, compreso ma non limitato all’arresto di Salvatore Alfuso, sono trattenuti in oltraggio alla corte.
Maddalena Cadavero, Giovanni Palumbo, Ciro Ricci, Giuseppe Russo Junior e Ferdinando Viscovo sono tra gli attori che sono apparsi in questa produzione. L’interrogatorio degli indagati avvenuto durante lo stesso sequestro di Mignano, al quale avrebbe partecipato la madre di De Micco, fu uno degli elementi più significativi emersi nel decreto di fermo, poi revocato, fu tra i più significativi elementi emersi nel decreto di fermo.
La morte di Carmine D’Onofrio fu il risultato di una battaglia con la famiglia De Micco.
Solo pochi mesi fa il giovane ha scoperto di essere figlio di Giuseppe De Luca Bossa, e di aver iniziato a frequentare le tane dei segugi, abbandonando i suoi vecchi amici, nonostante non avesse avuto in precedenza alcun coinvolgimento con organizzazioni crimine.
La curiosità aveva stuzzicato il suo interesse, così come la voglia di saperne di più sui suoi radicchi (al punto da trasferirsi con lui alla Lotto O), ed entrambi questi fattori lo avrebbero messo subito sotto i riflettori dei suoi avversari, ai quali gli sarebbe stata imputata la ‘paternità’ dell’ordigno e al quale sarebbe stato condannato a morte. Tutti gli elementi contenuti nelle oltre 130 pagine del decreto sono stati attuati questa sera.
Con dispiacere di Carmine D’Onofrio,
Il 23enne è stato ucciso perché sospettato che fosse uno degli autori dell’attentato dinamitardo avvenuto solo pochi giorni prima nei pressi della residenza dei De Micco in via Piscettaro. Il supervisore ei suoi subordinati hanno lavorato instancabilmente per pianificare l’omicidio dell’adolescente nei minimi dettagli. Carmine D’Onofrio, secondo De Micco, avrebbe dovuto essere colto alla sprovvista non solo perché identificato come l’autore dell’attentato alla sua abitazione, ma anche perché figlio illegittimo di un altro ras di Ponticelli, Giuseppe De Luca Bossa , che era un acerrimo nemico della famiglia De Micco.
Per Carmine D’Onofrio, incensurato di 23 anni che è stato accoltellato a morte con una pistola nelle prime ore del mattino del 5 e 6 ottobre 2021 in via Luigi Crisconio, nel quartiere Ponticelli di Napoli, mentre era con il suo compagno, che era stato ucciso il mese precedente, è bastata una rivelazione di un affiliato che era stato accoltellato a
Nell’ambito delle indagini sull’omicidio di D’Onofrio è stato eseguito nelle ultime ore un decreto di fermo, emanato dalla Direzione Generale delle Operazioni Antimafia di Napoli. I sei soggetti coinvolti erano Giuseppe De Luca Bossa, 44 anni, apicale del clan in questione, arrestato per estorsioni un anno prima, e Antonio, 50 anni, ex killer del Sarno che era stato imp
Oltre al capoclan De Micco, Giovanni Palumbo, Ciro Ricci, Ferdinando Viscovo, Salvatore Alfuso e Giuseppe Russo furono tra coloro che ricevettero un ordine di cessate il fuoco. Gli esecutori materiali, invece, non sono ancora stati individuati.
Il boss De Micco, sua madre Maddalena Cadavero, Giovanni Palumbo
Ciro Ricci devono rispondere anche al sequestro di Giovanni Mignano, membro del clan De Luca Bossa-Minichini-Casella che fu rapito e picchiato affinché si rivelasse ad un rivale cosca, quella della De Micco-De Martino (detta anche XX), è la storia di una donna e del figlio quattordicenne, rimasti felicemente feriti dalle schegge di vetro sparse sul pavimento di una vetrata infranta dall’Ordigno.
Le indagini, svolte dalla Squadra Mobile sotto la direzione del primo vicedirettore Alfredo Fabbrocini e, in particolare, da Andrea Olivadese, responsabile della sezione “Organizzata Criminalità”, hanno scoperto gravi segni di codardia nei volti degli indagati, grazie all’uso di microspie poste in prossimità dell’abitazione del boss (che è stato recentemente ucciso e posto sotto obbligo di firma).
Dopo essere stato trattenuto per diverse ore a seguito dell’esplosione di una bomba nell’abitazione del capoclan, Mignano è stato trasferito il giorno successivo in una struttura di custodia cautelare dove è stato poi identificato come Carmine D’Onofrio, incensurato e figlio illegittimo dello spicco avversario del clan. e un fuggiasco dalla giustizia. Dopo aver scoperto di essere il figlio di Giuseppe De Luca Bossa, D’Onorfrio, che lavorava nell’edilizia e aveva una passione per il teatro (comparve nella serie televisiva Gomorra), conobbe le logiche perverse e criminali della famiglia , secondo gli inquirenti.
Il boss, secondo il quotidiano Il Mattino, sarebbe stato a conoscenza della notizia per via della voce di Giovanni Mignano, attore della commedia di De Luca Bossa-Minichini che era stato sequestrato dai suoi stessi uomini e condotto nella residenza del boss a ordine di essere interrogato. Carmine è il nome dato a Mignano quando è sotto tortura. È D’Onofrio il soggetto di De Micco e dei suoi soci. L’ordine del Padrino di San Rocco è infrangibile, e il ragazzo viene catturato ed eliminato.
Il gruppo di sicari napoletani mascherati che ha orchestrato l’efferato delitto
L’incarico fu affidato a un gruppo di uomini guidati da Giovanni Palumbo, Ciro Ricci, già incaricato del sequestro di Mignano, Ferdinando Viscovo, Salvatore Alfuso e Giuseppe Russo junior, tra gli altri. Le conversazioni tra il boss ei gregari furono registrate dalle forze armate dell’ordine, che da tempo tenevano d’occhio l’abitazione del condottiero. Fu solo dopo la morte di D’Onofrio che si scoprì che era il figlio biologico di Giuseppe De Luca Bossa. Una rivelazione per la quale il 23enne ha pagato il prezzo più alto con la vita.